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Sarte sfruttate a Santeramo, scrive il New York Times

Barbara Colapinto
Barbara Colapinto
Macchina per cucire
Il quotidiano americano ha condotto una corposa indagine sul Made in Italy nel mondo della moda, scovando esperienze di sfruttamento del lavoro proprio a Santeramo
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Nei giorni in cui Milano celebra la settimana della moda, il New York Times posa l’attenzione su Santeramo con l’inchiesta “Inside Italy’s Shadow Economy” (Dentro l’economia sommersa dell’Italia) scagliandosi contro il made in Italy e accusando alcune grandi brand di produrre col lavoro nero in Puglia, pagando le sarte 1 euro l’ora.

Il giornale americato parla di “migliaia di persone”, soprattutto donne, che lavorano da casa tessendo senza contratto preziosi tessuti da destinare alle grandi firme. Nell’articolo, viene citata proprio Santeramo per descrivere la situazione di una donna rimasta anonima che cuce nel suo appartamento per un euro al metro un “sofisticato cappotto di lana” della collezione di Max Mara.

Il lavoro le sarebbe stato affidato da una fabbrica locale, che produce capispalla per altre grandi firme internazionali.Il “New York Times” paragona la situazione in termini di salario a Paesi come l’India, la Cina, il Bangladesh e il Vietnam, “dove milioni di persone, per lo più donne, sono la parte meno protetta dell’intera industria”.

Infatti, “L’Italia – scrive il Nyt – non ha un salario minimo nazionale, ma circa 5-7 euro all’ora è considerato uno standard appropriato da molti sindacati. In casi estremamente rari, un lavoratore altamente qualificato può guadagnare fino a 8-10 euro l’ora”.

Ma i lavoratori a domicilio, come la sarta santermana, guadagnano da 1 a 2 euro l’ora. Il quotidiano americano pare abbia raccolto prove su almeno 60 donne pugliesi in situazioni simili.

venerdì 21 Settembre 2018

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