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Giuseppe Lobefaro, un santermano al Polo Sud

Nicola Gatti
Nicola Gatti
Il tenente Lobefaro in Antartide
Medico militare selezionato per una missione di 100 giorni nella base Concordia in Antartide
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Santeramo è al polo Sud. Giuseppe Lobefaro, 28 anni, originario di Santeramo, ufficiale medico dell’Esercito Italiano, è stato selezionato, nell’ambito della XXXII spedizione italiana in Antartide, per svolgere il delicato compito di medico della base scientifica italo-francese Concordia.

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Costruita nel 2005 in un’area di 1500 metri quadri denominata Dome C, a 3233 metri sul livello del mare e a 1200 km dalla costa antartica, sorge la base Concordia, una stazione scientifica che si occupa di glaciologia, fisica dell’atmosfera, climatologia, astronomia e sismologia. La sua costruzione è frutto di un accordo congiunto tra l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) e l’istituto polare francese Paul Émile Victor (IPEV). La base scientifica italo-francese Concordia, fiore all’occhiello della ricerca antartica italiana, è il terzo insediamento permanentemente attivo in Antartide (dopo la russa Vostok e la statunitense Amundsen–Scott).

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Avevamo già avuto modo di raccontare, nel 2015, un'altra avventura del giovane medico santermano. Lobefaro, infatti, faceva parte del contingente militare italiano in Libano.

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Nel corso di un video collegamento via Skype, il dott. Lobefaro ci ha raccontato l’avventura che sta vivendo in Antartide e ha inviato un caro saluto ai suoi compaesani dai ghiacci, prima del suo rientro in Italia previsto per il mese di Marzo.

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Cosa si prova a lasciare tutto e a trasferirsi per 100 giorni a 16mila Km di distanza?

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Quando, i primi di Ottobre, ho ricevuto la comunicazione di essere stato selezionato come medico della base scientifica italo-francese Concordia, nell’ambito della XXXII spedizione italiana in Antartide, quasi non ci credevo, è stata un’emozione grandissima, difficile da descrivere a parole. L’idea di trascorrere 100 giorni in Antartide al servizio della scienza mi incuriosiva molto e non vedevo l’ora di partire per vivere questa esperienza straordinaria. Per fortuna la mia attesa non è durata molto, infatti il 5 Novembre sono partito dall’Italia per la mia avventura tra i ghiacci.

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Com’è vivere e lavorare nel posto più remoto della Terra?

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Le condizioni di vita e di lavoro in Antartide sono decisamente over limits con temperature che oscillano tra i – 30 gradi in estate e i – 80 in inverno e venti che possono soffiare fino a 250 km/h.

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Pur essendo a una quota di 3233 metri sul livello del mare, per via dello schiacciamento dei poli è come trovarsi a 4mila metri di altitudine, con tutte le conseguenze che ciò comporta vale a dire 30% di ossigeno in meno e pressione atmosferica intorno ai 650 ettopascal.

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Vivere in Antartide è, insomma, come essere su un altro pianeta, non a caso il continente antartico è anche chiamato Marte bianco. Oltre al clima freddo e secco, chi lavora nella base Concordia deve affrontare un ulteriore ostacolo, meno percepibile, ma forse più pericoloso: l'isolamento; basti pensare che gli essere umani più vicini alla base Concordia sono gli astronauti della stazione spaziale internazionale quando passano sopra il polo sud. Queste caratteristiche fanno della base Concordia la stazione scientifica più distante e isolata della Terra. Per questi e altri motivi, l’Agenzia Spaziale Europea ha scelto proprio la base Concordia per condurre tutta una serie di esperimenti e ricerche in vista di future missioni su altri pianeti, primo fra tutti Marte.

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In cosa consiste il tuo lavoro?

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Il mio compito, come medico della stazione, è quello di fornire assistenza sanitaria a tutto il personale che vive e lavora in base. Considerando l’ostilità dell’ambiente in cui ci troviamo, non ci sono mezzi terrestri o aerei in grado di raggiungere immediatamente la base, per questo ogni necessità medica deve essere gestita e possibilmente risolta in loco. Per questo la struttura è dotata di un piccolo laboratorio analisi, un apparecchio per i raggi X, un ecografo, un elettrocardiografo, una poltrona per interventi odontoiatrici e una sala operatoria. Inoltre è attivo un servizio di telemedicina con il Policlinico Gemelli di Roma in grado di fornire consulenze specialistiche 24 ore su 24.

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Hai dovuto seguire una preparazione specifica prima della partenza?

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Considerando le difficoltà a cui si deve far fronte una volta in Antartide, la missione richiede una dura preparazione. Dapprima un colloquio presso l’UTA (Unità Tecnica Antartica) nella sede ENEA CASACCIA di Roma, di seguito visite mediche specialistiche molto approfondite presso l’istituto di Medicina Aerospaziale di Milano e infine un corso di addestramento teorico-pratico della durata di due settimane che si svolge tra la sede ENEA di Brasimone e il Monte Bianco: la prima settimana si tengono lezioni teoriche riguardanti il continente Antartico e le relative basi scientifiche ivi presenti e si svolgono corsi pratici di primo soccorso, manovre antincendio e guida natanti; la seconda settimana è dedicata al corso di sopravvivenza sul Monte Bianco, durante il quale si apprendono le tecniche per sopravvivere in condizioni estreme e si valutano la capacità di adattamento dei singoli, la permanenza ad alta quota, l’isolamento e il lavoro di gruppo.

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La prima cosa che hai pensato quando hai messo piede in Antartide?

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La prima impressione è stata quella di trovarsi su un altro pianeta, circondato da un deserto ghiacciato senza confini, un cielo limpidissimo e un silenzio quasi irreale.

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La cosa che più ti ha colpito finora?

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Quello che più mi ha colpito è lo spirito di adattamento dell’uomo e, nonostante l’innata fragilità umana, la sua capacità di sopravvivere e vivere in condizioni veramente estreme, come quelle che quotidianamente si sperimentano qui in Antartide.

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Cosa ti manca di più di “casa”?

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Per prima cosa gli affetti personali, dopodiché tutte le specialità culinarie tipiche di Santeramo, soprattutto quelle fatte in casa dalla mamma. Differentemente da quello che si vede nel film di Checco Zalone (che comunque era ambientato al polo Nord), è quasi impossibile portare in Antartide prodotti locali per via dei numerosi controlli doganali nonché del trattato antartico che protegge l’ambiente antartico e i suoi ecosistemi da possibili contaminazioni esterne.

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Cosa pensi ti lascerà questa avventura in Antartide?

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Questi 100 giorni in Antartide mi lasceranno il ricordo indelebile di un’esperienza straordinaria vissuta ai confini del mondo e grazie alla quale ho scoperto qualcosa in più di me stesso, degli essere umani in generale e soprattutto della natura, vera protagonista e maestra di questa mia avventura tra i ghiacci.

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mercoledì 18 Gennaio 2017

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